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Inizi Turbolenti
Terra di mezzo. Tra Liguria e Toscana. Tra il Golfo e le Apuane. Italia, Europa, Pianeta Terra. 2025.
Mentre il mondo brucia, le notizie di guerra scandiscono il tempo. Sono interrotte solo dall’ultima alluvione, la democrazia affoga. Diritti, spalle in dentro e petto in fuori! Ma quali diritti?
Dai monti al mare si ascoltano boati che lasciano i più totalmente ignari, o ignavi. Sono le deflagrazioni che devastano i versanti cedendo blocchi, detriti e marmettola; sono i ritmi militari che scandiscono le esercitazioni.
Guarda, un sottomarino! Esprimi un desiderio. Ci riprenderemo il Tino!
Mai una terra di mezzo come questa fu tanto bella da voler esser distrutta. La cantarono le anarchiche e i poeti, la dipinsero gli artisti, e grandi scultori si esaltarono per le sue venature. Prima che fosse dissanguata.
Quando la si guarda dall’alto, magari dalla croce in vetta al Monte Sagro, essa appare distesa ma irta di rilievi, mentre quando la si osserva dal basso ci si sbuccia i piedi tra scogli e conchiglie. E l’infinito del mare è interrotto soltanto da uno dei tanti versanti che lo contiene e dal punteggiare di isole, vicine e lontane, che fanno capolino.
Di quale dantesca memoria sono portatrici le rocce su cui sediamo? A quale musa porge i suoi servigi la poesia del Golfo? E a quale Dio grattano le natiche gli spigoli affilati di queste montagne?
A queste domande non risponderemo mai, ma ad altre, più vicine, in quanto parte di questo territorio e dunque a partire da esso, vogliamo provare a rispondere. O quanto meno a discorrerne, sì! Di far discorsi c’è presa voglia, perché di discorsi se ne fan tanti, è vero, ma di sti tempi cupi mai abbastanza. E di discorsi se ne posson far di tanti tipi, ma a noialtri c’è presa voglia di farne di quei pruriginosi, caustici, esteticamente sconvenienti… ma che van fatti!
E nemmen ci pare di esser sole a volerlo, che di discorsi scomodi, si sa, è pieno il mondo. Ma ci s’ha l’impressione che di rado essi si incontrino, come chi va al mare raramente incrocia chi va al monte. O forse no, del resto qui, il mare guarda i monti, e viceversa.
E a noialtri, che non ci si accontenta mai, c’è venuta una voglia, come un languorino insistente, al punto che, sì, alla fine s’è fatto: s’è fatto un bel patatracche, un luogo fisico e stampato, ma anche digitale e ultraterreno, dove i discorsi parlino e si conoscano, dove il dialetto di Seravezza incontri quello di Cà di Mare, che qui non viene mai nessuno a farci compagnia. E non si tratta di mugugnare, amici di Sarzana, ma più di capire cosa c’è che non và in questo angolo di mondo che ci pare tanto terribile e magnifico. E cosa invece ci riesce dannatamente bene, d’altronde la nostra storia è quella di chi ha spezzato le catene.
Perché a forza di discorsi, ci è parso, forse, che le cose possan cambiare.
E allora promettiamolo, con la giusta dose di fiducia di chi ormai non crede a nulla ma non è disposto ancora a gettar la spugna: facciamo sta cosa, raccogliamo i discorsi che ci paion sensati, diamo voce ai luoghi, diamo immagini alle storie, e tessiamo insieme la trama di un territorio che è uno, nessuno ma anche centomila.
L’esperimento si apre adesso, accorrete gente, che qui son tutti discorsi.