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Le montagne non ricrescono

InchiesteIl Monte Altissimo non si vende

Questa è la triste storia di un monte delle Apuane
Altissimo è il suo nome per quel che ne rimane
Sbranato dalla fame dei Marmotrafficanti
Per il suo cuor di marmo dei più bianchi che c’è


Non è facile ricapitolare in poche righe questa vicenda di devastazione ambientale e di arroganza istituzionale all’ombra delle Apuane. Stiamo assistendo all’appropriazione indebita di un’intera montagna da parte di un’azienda privata con la complicità delle istituzioni che invece dovrebbero tutelare il bene comune.

LA STORIA ANTICA

…ma partiamo dall’inizio, un inizio che risale ad oltre 2000 anni fa, quando su un monte che sorge nella parte meridionale della catena montuosa e che successivamente prese il nome di Altissimo (in virtù dell’aspetto imponente e non dell’altezza non essendo la cima più alta) i romani scoprirono una vena di marmo particolarmente bianco.


Avviarono quindi l’attività di estrazione del prezioso materiale sul monte per alimentare le esigenze artistiche, in particolare quelle della capitale, e col passare dei secoli lo stesso Michelangelo si servì del marmo del monte Altissimo per realizzare alcune delle sue opere più prestigiose.

LA SVOLTA DEVASTANTE

Fino agli anni ‘60 l’escavazione dava lavoro a decine di migliaia di famiglie, con danni limitati. Dopo questa data le imprese estrattive servendosi di nuove tecnologie hanno decimato il numero degli addetti: solo negli ultimi 30 anni si è passati da oltre 14.000 a circa 800 lavoratori in cava. La filiera, che contava su centinaia di imprese che estraevano e lavoravano blocchi, facendoli poi scendere dal monte al mare, le ha viste ridursi ad alcune decine. Allo stesso tempo la voracità delle imprese estrattive (quelle rimaste, le più grandi) è cresciuta a dismisura, al punto di sottrarre ai monti ogni anno milioni di metri cubi di materiale, che viene poi immediatamente inviato in blocchi o in lastre prevalentemente all’estero (per lo più in Oriente) per le lavorazioni successive. Con un ritmo estrattivo spaventoso: negli ultimi 40 anni è stato estratto più marmo che nei 2000 anni precedenti permettendo ai pochi di arricchirsi a dismisura lasciando sul territorio pochi benefici ma soprattutto tanta devastazione e miseria!

LA RISVOLTA ANCOR PIU’ DEVASTANTE

L’ultima ‘scoperta’ dei marmotrafficanti (termine che per quel che segue si dimostra assolutamente appropriato) è che il marmo bianco, essendo composto in altissima percentuale (fino al 99%) di carbonato di calcio, viene ridotto in preziosa polvere per un’infinita serie di utilizzi industriali: da dentifrici e saponi a componenti per colle e malte da costruzione allo sbiancamento dei tessuti, alla pigmentazione della carta, agli additivi per l’industria alimentare (nella pasta, per dirne una) e via così. E siccome i detriti conseguenti all’escavazione non sono soggetti ad alcun tipo di tassazione (come invece è previsto per i blocchi o le lastre) diventa straordinariamente profittevole macinare montagna per lucrare.


A poco sguardo dalla Regina
Là sulla vetta han messo la mina
Per la montagna c’è la mannaia
Crolla giù il Picco di Falcovaia
Ma l’appetito si sa vien mangiando
Con nuove macchine lo stanno sventrando
Povero Altissimo così stuprato
Ti mostri a valle decapitato

TORNIAMO AL NOSTRO MONTE ALTISSIMO

Che insiste in buona parte nel comune di Seravezza e di Stazzema e le cui falde sono costellate di scavi ben visibili sia in superficie che in galleria. Fra le aziende che ‘coltivano’ le cave (ahimè così viene definita l’attività estrattiva, come se le montagne fossero verdure e potessero ricrescere) la più potente è l’Henraux SpA, tanto potente che nel 2006 ottiene addirittura il permesso di ‘decapitare’ una cima (il Picco di Falcovaia) giustificando questa barbarie con la necessità di poter continuare l’attività estrattiva in condizioni di sicurezza e sottoscrivendo con le istituzioni un accordo che prevede una serie di impegni da parte dell’azienda, impegni sempre disattesi, e dei quali le stesse istituzioni non hanno mai preteso il rispetto.

Tra le mitigazioni mai attuate: le falde sotterranee devono essere tutelate, la sorgente denominata “La Polla” deve essere ripristinata, il numero dei camion che trasportano i materiali lapidei e il loro orario di transito devono essere definiti e rispettati, anche con l’ausilio di strumentazione elettronica…

Tra le compensazioni mai completate: sistemazione, nel tratto di proprietà dell’azienda, del sentiero denominato “via dei cavatori”, restauro dell’area di 3 Fiumi, e soprattutto aumentare progressivamente la quantità di marmo trasformato internamente e presso altre imprese collocate nel territorio del distretto. Pertanto si conviene che il marmo estratto dai propri siti di cava attivi, sarà trasformato in azienda in misura pari almeno al 40% del totale fino a raggiungere gradualmente il 60% entro il 2011. La parte restante di marmo estratto, sarà destinata prioritariamente alla lavorazione presso le aziende collocate nel distretto oltre a trasformare in lavorati finiti almeno il 25% del marmo lavorato internamente.


Questa è la triste storia del diritto violato
Per amor dell’Altissimo non va dimenticato
Leopoldo di Toscana contro la povertà
Concesse queste terre alle comunità
Ma quell’editto di sano civismo
Cede al soldo dei ricchi padroni
Dando via libera all’estrattivismo
Siglando accordi e conciliazioni
E lor signori incuranti del dolo
Occupan terre e conquistano suolo
E chi è preposto a difender l’ambiente
Lascia scavare senza fare niente

PUO’ UN PRIVATO POSSEDERE UN’INTERA MONTAGNA?

Con un editto di un paio di secoli fa il Granduca di Toscana assegnò buona parte delle terre ai residenti nelle frazioni montane affinché trovassero sostentamento nelle attività agro-silvo-pastorali.

Per decenni e decenni fu questo l’utilizzo del territorio finché nel dopoguerra, con l’industrializzazione e il conseguente esodo verso le città, si realizza un progressivo abbandono delle terre.

E qui è di nuovo protagonista l’Henraux SpA che pare abbia occupato queste terre senza titolo al fine di incrementare l’area estrattiva e nel silenzio e nella compiacenza delle istituzioni si sarebbe realizzato un “inciucio” tipicamente italiano attraverso la concessione di titoli ad estrarre materiale anche sulle terre assegnate agli abitanti delle frazioni montane, che avrebbero dovuto essere invece considerate intoccabili in quanto beni comuni.

Si è aperto quindi un contenzioso, che dura da più di trenta anni, tra i frazionisti (gli aventi diritti collettivi sui terreni che nell’insieme costituiscono un uso civico) e la Henraux e che, tralasciando i molti passaggi intermedi, il contenzioso approda ad una sentenza nel 2020 in cui il Commissario agli Usi Civici (il giudice che ha competenza a decidere in questa materia) stabilisce che quasi 2 milioni di metri quadrati del Monte Altissimo (che in realtà studi successivi hanno determinato essere non 2 ma oltre 7 milioni) sono stati “erroneamente” iscritti al Catasto da Henraux come propri, ma in realtà occupati e in parte già escavati senza alcun titolo valido, e quindi da restituire al Demanio collettivo e civico. Questa sentenza è stata impugnata da Henraux, che ha però voluto anticipare il pronunciamento, o forse evitarlo, promuovendo una richiesta di conciliazione anche per escludere i frazionisti.


A quel punto nella contrapposizione fra i residenti e l’azienda privata entrano in gioco il Comune di Seravezza e la Regione Toscana, che anziché difendere i diritti dei più deboli e tutelare il territorio bloccando ogni attività estrattiva in attesa della definizione del contenzioso, hanno decisamente spostato l’ago della bilancia in favore di Henraux. In buona sostanza le due istituzioni - volute dalla nostra Costituzione per rappresentare i cittadini nell’amministrazione regionale e locale - hanno piegato leggi e sentenze in maniera da mettere fuori gioco l’ASBUC (Amministrazione Separata dei Beni di Uso Civico, organo di rappresentanza dei frazionisti) e rimettere al Sindaco ogni decisione. Il Sindaco e la Regione hanno dunque autorizzato Henraux a scavare per 10 anni quasi 500.000 metri cubi, che nell’ipotesi più contenuta renderanno all’azienda fra i 3 e i 5 miliardi di euro, in cambio del versamento alle casse comunali di 100.000 euro all’anno per 10 anni, quale indennizzo alla rinuncia a terreni di cui gli unici titolari sono i frazionisti, non il Comune! Di fatto una espropriazione forzata, o un regalo, dipende dai punti di vista.

Per onore di giustizia la Corte d’Appello non ha avallato la mancata convocazione delle elezioni dell’ASBUC da parte della Regione, ha invece disposto che la Regione stessa debba dare corso alla nomina della rappresentanza dei frazionisti. E ancora una volta gli Enti hanno giocato le loro carte per mettere fuori gioco i frazionisti: la Regione ha preferito in modo fuorviante applicare il Regio Decreto 332 del 1928, mancando di ricondurlo alle leggi della Repubblica Italiana e della stessa Regione Toscana per la determinazione della rappresentanza civica, per cui invece di indire democratiche elezioni ha indetto un sorteggio per definire i rappresentanti.


Siam qui per smascherare l’inganno dell’Altissimo
Svenduto dai politici, stuprato dall’Henraux
Difeso col ricatto dei soldi e del lavoro
Finché non vi fermate tregua non ci sarà

LA REAZIONE POPOLARE

Comitati ambientalisti e civici, gruppi sociali e singoli cittadini non hanno mai cessato di adoprarsi per la difesa dei diritti dei frazionisti e soprattutto per la tutela del Monte Altissimo. A fianco delle attività giudiziarie numerose sono state le iniziative popolari che hanno avuto il loro culmine in una grande manifestazione popolare tenutasi il 13 aprile di quest’anno (2025) con la partecipazione di oltre mille persone provenienti da tutta la Toscana e da fuori regione, che hanno attraversato l’abitato di Seravezza nonostante la pioggia battente denunciando la tracotanza dell’azienda e la compiacenza delle istituzioni, pretendendo un risoluto cambio rispetto alla rotta indicata dal Presidente della Regione che considera le Apuane solamente un “giacimento economico” e chiedendo a gran voce che sia attuato tutto quanto necessario affinché vengano considerate per quello che realmente sono: uno straordinario patrimonio ecologico, storico e paesaggistico, in ossequio alle disposizioni della Costituzione, che «tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni» (art. 9) e che sancisce che «l’iniziativa economica … non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale» (art. 41).

I manifestanti hanno espresso una chiara denuncia dell’estrattivismo, che ha come unico fine l’arricchimento del privato a spese dei cittadini con la connivenza degli Enti Pubblici, realizzato attraverso l’estrazione incontrollata del marmo, lo sfruttamento esasperato delle risorse e la vendita con ricavi opachi nella loro effettiva consistenza, lasciando nel territorio devastazione e impoverimento del patrimonio naturale e delle popolazioni. Una precisa richiesta di un’efficace azione di tutela della flora, della fauna e dell’acqua, del paesaggio e del profilo delle nostre montagne e un concreto programma per un modello economico alternativo e ecosostenibile.

Hanno anche formulato la precisa richiesta di rieleggere gli organi amministrativi dell’ASBUC, mediante l’applicazione del pieno principio democratico che gli elettori siano i frazionisti della montagna seravezzina, in quanto riconosciuti come i soli legittimi e secolari titolari di diritto sulle terre collettive e in quanto tali custodi di quelle terre per la perpetuazione del loro valore ambientale.

Infine due istanze: una alla Regione affinché venga applicato almeno quanto previsto dalle leggi regionali per sapere quanto marmo scende dalle nostre montagne e la sua effettiva destinazione e quanto di questo marmo si traduce davvero in lavoro svolto in zona e in posti di lavoro, che sappiamo vertiginosamente ridotti negli ultimi decenni e usati per giustificare un’inaccettabile devastazione, l’altra al Parco delle Apuane ed ai Comuni interessati affinché con fermezza procedano al controllo del rispetto delle leggi e delle prescrizioni autorizzative che vincolano lo svolgimento dell’escavazione nell’interesse comune e che ad oggi restano solo sulla carta, lasciando mano libera ai distruttori delle montagne Apuane.

LE ULTIME EVOLUZIONI

Il 14 Luglio 2025 il Commissario per la Liquidazione degli Usi Civici per le regioni Lazio, Umbria e Toscana ha sentenziato che il Comune di Seravezza non può rappresentare gli interessi degli abitanti delle frazioni in riferimento ai terreni che la sentenza 39/2020 assegnava loro, in presenza di un Dominio Collettivo quindi ha stabilito che il contenzioso fra il Comune di Seravezza e gli abitanti delle frazioni può essere regolato dalla legge 168/2017, che stabilisce che in caso di presenza di un dominio collettivo correttamente costituito il sindaco non ha il potere di rappresentare gli aventi diritto su quelle terre. Quindi il potere di rappresentare gli aventi diritto di quelle terre potrebbe passare al Dominio per la tutela delle comunità montane di Seravezza, purché formalmente, sostanzialmente e legittimamente costituito. Il Commissario ha inoltre disapplicato il provvedimento dirigenziale con cui la Regione ha avallato una perizia commissionata dal Comune in cui i diritti su quelle terre venivano trasferiti dai frazionisti a tutti i residenti nel Comune, di conseguenza il Comune ha dedotto che i poteri decisionali fossero del sindaco e non del collettivo degli aventi diritti naturali. Infine il Commissario ha deciso la nomina di un CTU (Consulente Tecnico d’Ufficio) per la definizione della natura delle terre. Insomma la struttura argomentativa costruita da Comune e Regione per sottrarre la titolarità delle terre agli aventi diritto pare sia miseramente crollata come un castello di carte.

LA MONTAGNA NON SI ARRENDE

A Maggio 2026 si riunirà la Corte d’appello di Roma per dirimere il contenzioso fra la soc. HENRAUX ed i frazionisti e su questa udienza peserà senz’altro la recente giurisprudenza. Ma influiranno anche le azioni popolari, per cui proseguirà incessante l’attività di denuncia e di pressione sulle istituzioni da parte degli attivisti anche in previsione delle prossime elezioni regionali d’autunno, e tutte le persone sensibili a questa problematica sono invitate a aggiornarsi, partecipare e a mantenere i contatti:

e-mail: coordinamentoambientalista@gmail.com,

facebook: coordinamento ambientalista apuoversiliese

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